Il sogno del colore di Adel El Siwi


Arte / venerdì, Gennaio 8th, 2016

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Adel El Siwi è egiziano, il suo volto bruno parla della terra da cui proviene e ne parlano anche i suoi quadri, è un artista eclettico, internazionale, ha rappresentato l’Egitto alla 53ma Biennale di Venezia, alla Biennale de Il Cairo e al British Museum. Le sue opere hanno fatto il giro del mondo, dall’Egitto alla Germania, dal Libano all’Italia, fino ad arrivare in Messico e Brasile.
Con una contemporaneità che strizza l’occhio al passato El Siwi dipinge storie, i suoi quadri sono favole visive dipinte con maestria, la sua pittura mostra di essere il prodotto di un lavorio interiore e di una sperimentazione continua, ricca di riflessioni sull’identità e sull’eredità culturale.
Dotato di innumerevoli tessiture cromatiche il pittore immerge in spazi immobili i suoi personaggi. Eleganti e longilinee le forme dipinte sembrano uscire da universi paralleli, sono principesse africane avvolte nel silenzio che talvolta si scioglie in colore liquido o episodi magici a cui la fervida fantasia fanciullesca dell’autore fa riferimento. El Siwi sembra saldamente in contatto con la sua immaginazione infantile, il suo subconscio riversa un mondo magico sulle grandi tele che appaiono infestate da bestie mitologiche. Caratterizzate dalla verticalità, con sfondi piatti e monocromi, le opere dell’egiziano presentano ambientazioni oniriche, in cui si inseriscono particolari reali, quasi ludici accenni al mondo da cui prendono vita. Da una tavolozza di oro, bianco, nero e marrone il pittore sembra talvolta evolversi verso differenti campeggiature cromatiche, abbandonando l’opulenza dello sfondo prezioso per una tessitura ugualmente compatta ma meno brillante. Le sue creature sono verdi, gialle, rosse, ombre trasparenti ma pacate, prive di agitazione formale, spesso sono donne  e  uomini veri, identificabili come in fotografia ma prive della corrispondenza reale. Da sempre affascinato dall’estetica del passato dipinge ripetutamente ritratti con caratteristiche inconfondibili come la fronte alta, l’espressione fiera degli occhi a mandorla e il viso allungato, insieme a questi appaiono i volti africani, la pelle scura, le labbra carnose, gli orecchini e le fantasie degli abiti, radici culturali che secondo il pittore l’Egitto sembra aver dimenticato.
Il pittore egiziano iniziò la propria carriera studiando presso la Facoltà di Medicina e contemporaneamente in quella di Belle Arti. Deciso ad intraprendere la via dell’arte emigrò in Nord America per poi fermarsi per dieci anni, dal 1980, in Italia, a Milano. Qui El Siwi entrò in contatto con il gruppo della Transavanguardia, fu influenzato dall’Espressionismo esistenziale e da artisti come Giancarlo Ossola e Renzo Ferrari, ma anche Schifano e De Maria.
Ma questo modo di guardare il mondo non gli apparteneva, risultava troppo cupo per un artista egiziano le cui radici erano il sole e il colore. Tornato in patria infatti lo sguardo con cui El Siwi osservò il Cairo era cambiato, i palazzi, la gente, la polvere, la folla e la luce che bruciava gli occhi e gli oggetti gli diede nuovi stimoli. Questo nuovo scenario si inserì nel suo lavoro, l’Egitto diventò una serie di quadri dal titolo «Down town», il centro della città.
In seguito l’analisi si spostò verso le persone e i lori visi, iniziò a dipingerli ispirandosi a differenti culture e tradizioni, nei ritratti c’era qualcosa di nubiano, delle icone copte, dei faraoni, dell’Africa. Iniziò così la ricerca sull’eredità; El Siwi sentiva di essere parte di un continuum, di una storia iniziata 7mila anni prima e che non poteva staccarsene completamente. Guardò da un’altra prospettiva l’arte tradizionale, ma anche la pittura egiziana moderna come quella di Abdel Hadi Al Gazar. Il pittore si rese conto che alcuni artisti riuscivano a unire l’esperienza del passato con qualcosa che ne identificava la produzione e cercò di seguire questa scia. Attraverso tale riflessione El Siwi ha affinato la capacità di gestire il contenuto, di trasformare i dettagli del quotidiano in sentimenti. Convinto che la specificità dell’arte egiziana sia la presenza della figura umana, il pittore la utilizza tuttora per le sue enormi tele servendosene per veicolare anche messaggi sociali. Sono infatti i corpi che il pittore ha percepito durante la rivoluzione egiziana, una massa enorme di corpi che si muoveva all’unisono, senza violenza e in una sola direzione. Questi episodi sono stati di forte impatto emotivo e soprattutto artistico, sia per El Siwi che per la nuova generazione. Attento a tali trasformazioni e alle germinazioni di innovazione, El Siwi continua, ora che il fermento rivoluzionario sembra ormai sopito, con una pittura aerea, leggera e profonda che lo porta in giro per il mondo da Parigi a Dubai narrando favole africane, di principesse orientali dal sorriso enigmatico e dal fascino discreto mentre giganteschi guardiani sembrano vegliarle.

Pubblicato su Officine delle arti, dicembre 2015