I depositi nascosti del Mann


Cultura / martedì, Agosto 18th, 2020

Fresco di stampa, «Sing sing. Il corpo di Pompei» edito da 5 Continents Editions è il nuovo racconto visivo di Luigi Spina. La pubblicazione ci accompagna nei meandri dei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann), tra corridoi bui e oltre cancelli polverosi, per visitare il caveau, la prigione (Sing Sing), in cui sono «detenuti» gli oggetti provenienti da Pompei ed Ercolano e che non sono visibili al pubblico. Un luogo a cui hanno avuto accesso solo gli studiosi, eccetto due incursioni del Fai e del Touring Club, e serbatoio infinito cui attingere per mostre.

Secondo Paolo Giulierini direttore del Mann, l’opera di Luigi Spina «…permette in un attimo di cogliere la suggestione dei luoghi, il lento fluire del tempo e della luce sugli oggetti imprigionati, di restituire unicità laddove prevale la serialità, di dare un’identità quando essa si è persa». Il percorso nelle stanze segrete è mappato e registrato temporalmente, scandito da momenti ben precisi, dalle 8.30 alle 14.30 di un giorno qualunque, per un cammino attraverso la storia del luogo e dei tesori in esso riposti.

Una folla di vasi, oggetti in bronzo, vetro, ceramica e terracotta si affollano uno sull’altro, vicini e uniti come a sussurrarsi di quell’eruzione del 79 d.C. che li vide ancora fuori la «prigione». Nelle foto appaiono i «carcerati» in fila, disposti sulle mensole con i numeri identificativi oppure nei contenitori la cui vista dall’alto anima i reperti colti di sorpresa in un movimento di ribellione. Tale assembramento si dilata pian piano e lascia lo spazio all’anastilosi, dove, elemento dopo elemento, sfilano, come per le foto segnaletiche, i pezzi di un insieme distrutto.

Il rigido bianco e nero attribuisce agli oggetti un’aura grave e fuori dal tempo. Sotto le tavole di legno del soffitto mansardato emerge un gruppo di sculture, l’Ercole ebbro di Ercolano appare in mezzo ad altre più composte figure, una vicino all’altra. I grumi di magma, orecchini, bracciali e di altri oggetti di uso comune chiusi in un unico blocco fotografati da vicino, colmano lo spazio mostrando lucidamente i prigionieri mentre il registro riporta i nomi dei visitatori e il loro fugace tempo di permanenza, spesso solo 10 minuti, per la ricollocazione in «cella».

L’opera di Spina rappresenta anche la documentazione di come si presenta ora Sing Sing, prima che i principali capolavori vengano ricollocati nelle rinnovate sezioni vesuviane (vita quotidiana, sezione tecnologica pompeiana, statuaria pubblica campana, monetiere) del Mann, il tutto entro il 2021. Il rimanente materiale verrà comunque reso fruibile in loco con un adeguamento degli «spazi carcerari» e con prestiti o mostre virtuali od open data disponibili sul sito del Museo o su altre piattaforme.

Sing Sing. Il corpo di Pompei, fotografie di Luigi Spina, testi in inglese e italiano di Paolo Giulierini, João Vilela Geraldo, Davide Vargas, 116 pp., 100 ill. b/n, 5 Continents Editions, Milano 2020, € 49,00

Pubblicato su  Il Giornale dell’Arte n.408, maggio 2020